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La Corte di Cassazione chiude il processo “Malasanitas”

Nel corso dell’operazione, eseguita nel 2016, diversi medici furono anche arrestati e posti ai domiciliari, mentre per altri, fra cui un’ostetrica, scattò la sospensione dalla professione medica

La Corte di Cassazione chiude il processo “Malasanitas”

Con sentenza del 13/6/2024, la Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio agli effetti penali la sentenza pronunciata in data 4/4/2023 dalla Corte di Appello di Reggio Calabria. Sentenza in relazione al procedimento penale Malasanitas, perché in ordine ad alcuni capi delle originarie contestazioni nei confronti di Luigi Grasso ha rilevato l’estinzione per prescrizione del reato. Ma ha rigettato, parallelamente, il ricorso dell’imputato agli effetti civili con riferimento al predetto capo di imputazione.

Ha annullato parimenti senza rinvio la predetta sentenza impugnata agli effetti penali nei confronti di Tripodi Alessandro e Vadalà Pasquale, in relazione al capo D1 della originaria contestazione, sempre per il rilievo dell’estinzione per l’intervenuta prescrizione dello stesso, con analoga decisione di rigetto del ricorso degli imputati proposto agli effetti civili per tale reato.

Ha rigettato nel resto i ricorsi di Grasso Luigi, Tripodi Alessandro e Vadalà Pasquale, mentre ha rigettato in toto i ricorsi di Manuzio Daniela, Musella Antonella, Maio Maria Concetta, Sorace Massimo e Saccà Filippo Luigi, condannando tutti i suddetti ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché, in solido con il responsabile civile, Grande Ospedale Metropolitano di Reggio Calabria, alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel giudizio di legittimità dalle parti civili costituite e rappresentate dai difensori Avv.ti Daniela Minniti, Ottavio Serranò, Elisa Alecci, Giuseppe Germanò e Natascia Sarra.

La sentenza

La sentenza della Corte di Appello di Reggio Calabria del 4/4/2023, in riforma della sentenza emessa in data 24 luglio 2019 dal Tribunale Collegiale di Reggio Calabria, aveva dichiarato inammissibile l’appello del P.M. Aveva assolto Daniela Manunzio, Giuseppina Strati e Alessandro Tripodi dal reato loro ascritto al capo F1 della contestazione perché il fatto non costituisce reato. Inoltre, aveva dichiarato non doversi procedere nei confronti di Maria Concetta Maio, Daniela Manuzio, Antonella Musella, Filippo Luigi Saccà, Massimo Sorace, Alessandro Tripodi e Pasquale Vadalà per intervenuta prescrizione in relazione ad altri capi.

Aveva, poi, rideterminato la pena nei confronti di Alessandro Tripodi in due anni e quattro mesi di reclusione in relazione al capo D1, e di Pasquale Vadalà in tre anni di reclusione, sempre in relazione al capo D1 della contestazione e aveva confermato nel resto la sentenza appellata.

Il primo grado

In primo grado, erano stati inflitti oltre trentasei anni di carcere ai medici degli ospedali Riuniti per quello che è stato definito il reparto degli orrori. Nello specifico, la pena più pesante era stata inflitta a Daniela Manuzio, con 6 anni e 2 mesi di reclusione. Poi le condanne a 4 anni e 9 mesi per Pasquale Vadalà, a 4 anni e 8 mesi per Alessandro Tripodi, 4 anni e 6 mesi per Filippo Luigi Saccà. 4 anni di reclusione, invece, per Antonella Musella e Maria Concetta Maio. Tre anni per Giuseppina Strati, 2 anni e 3 mesi per Luigi Grasso. Assolti Annibale Maria Musitano e Mariangela Tomo.

Il reparto degli orrori

Secondo l’accusa vi sarebbe stato un vero e proprio “sistema” di copertura degli errori medici consumatisi nei reparti dell’ospedale reggino, attraverso la falsificazione delle cartelle cliniche dei pazienti. Nel corso dell’operazione, eseguita nel 2016, diversi medici furono anche arrestati e posti ai domiciliari, mentre per altri, fra cui un’ostetrica, scattò la sospensione dalla professione medica. I pubblici ministeri, avevano ripercorso tutte le tappe dell’inchiesta che aveva svelato quello che, per la stampa, fu il cosiddetto “reparto degli orrori”. 

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